CORSO DI DIZIONE: ORTOEPÌA

ORTOEPÌA

ORTOEPÌA

Nella lingua italiana le vocali sono sètte.

A, I ed U hanno una pronuncia immutabile, le altre due, invéce, possono èssere pronunciate in due modi diversi.

La E può èssere apèrta – accentata così è – come in rètto, oppure chiusa – accentata così é – come in véna.

Se l’accènto non cade sopra, la E va sèmpre pronunciata chiusa. Cominciamo con la è aperta prendèndo in esame alcune parole che normalménte pronunciamo in modo érrato, e una serie di norme (le più importanti) per imparare a districarci.

A – PAROLE DI USO CORRENTE

Accèndere, Accènto, Bène, Brève, Cènto, Cèrto, Chièdere, Chièsa, Cièlo, Danièle, Dièci, Ebbène, Ècco, Èssere, Gènte, Lèttera, Niènte, Piètro, Prèndere, Prèsto, Rèndere, Ripètere, Riprèndere, Scèna, Sèmpre, Sènso, Sènza, Silènzio, Stèndere, Tèmpio, Tèmpo, Vècchio, Vènto.

B – LA È APERTA, NORME GENERALI

Avremo sèmpre la è aperta:

  1. Nelle desinènze verbali dei condizionali in èi, èbbe, èbbero, es. farèi, ballerèi, cadrèi, darèbbe, farèbbe, aprirèbbero, mangerèbbero, dovrèbbero…
  2. Nei nómi che terminano in èma, es. apotèma, diadèma, patèma, poèma, schèma…
  3. Nei nómi ed aggetivi che terminano in ènda, es. agènda, bènda, faccènda, leggènda, merènda, orrènda,…
  4. Negli infiniti in èndere, es. comprèndere, difèndere, estèndere, fraintèndere, propèndere…
  5. Negli aggettivi e nel gerundio in èndo es. stupèndo, tremèndo, agèndo, piangèndo, finèndo, partèndo, vincèndo,…
  6. Negli aggettivi in ènse, ènso, ènte, ènto, es. amanuènse, circènse, forènse, dènso, intènso, melènso, coerènte, incosciènte, appariscènte, attènto, scontènto, turbolènto…
  7. Nel participio presènte in ènte, es. diffidènte, impellènte, piangènte, rovènte…
  8. Nei nómi che terminano in ènza, es. assistènza, concorrènza, diffidènza, influènza, scadènza…
  9. Nei numerali in èsimo, es. dodicèsimo, sedicèsimo, ventèsimo, centèsimo…
  10. Nelle desinènze verbali in ètti, ètte, èttero, es. io dètti (dare), egli dovètte (dovere), essi stèttero (stare)…
  11. Nei nómi in èzio, èzia, es. lèzio, scrèzio, facèzia, inèzia, spèzia…
  12. In presènza del dittongo , es. aziènda, balbuziènte, cosciènte, diètro, ièri,   mièle, cavalière, piède,…
  13. Nei nómi tronchi di origine stranièra, es. bignè, caffè, canapè, tè, tsè-tsè…

Ci sono, però, delle eccezioni a queste regole, ma le affronteremo più avanti.

In ógni caso, un buon vocabolario potrà risolvere al meglio ógni nostro dubbio sulla corretta pronuncia di una determinata parola.

PROVA DI LETTURA

Lo scopo è di permetterti di affrontare immediatamente e praticamente quanto abbiamo appena notato.

Naturalmente ho provveduto a collocare gli accènti dove sono necessari. Pian piano, però, dovrai memorizzare parole e regole, perché nella stampa corrènte gli accènti vengono messi solo sulle parole tronche.

A questo scopo, ti propongo lo stesso testo due volte, la seconda privo di accènti.

Ricorda anche di registrarti e di riascoltarti in modo critico.

È giusto dire che noi siamo ciò che comunichiamo parlando? Sarèbbe come affermare che l’abito fa il monaco.

Per quanto possa essere depriménte o deprecabile, bisógna ammettere che l’apparènza ha il suo peso ed è un peso determinante.

Siamo istintivaménte portati a giudicare a prima vista, per una questione di tranquillizzazione, per potér in qualche modo incasellare la persona, l’oggetto o la situazione che stiamo vivèndo.

Perciò anche il modo di parlare ha la sua importanza in questo processo di etichettatura, e ne è prova il fatto ché una persona che parla bène – non soltanto correttaménte – risulterà sicuramente più affascinante e interessante di chi si esprime in modo “selvatico”.

Anche se, poi, i contenuti possono essere superficiali o addirittura inesistènti.

È giusto dire che noi siamo ciò che comunichiamo parlando? Sarebbe come affermare che l’abito fa il monaco.

Per quanto possa essere deprimente o biasimevole, bisogna ammettere che l’apparenza ha il suo peso ed è un peso determinante.

Siamo istintivamente portati a giudicare a prima vista, per una questione di tranquillizzazione, per poter in qualche modo incasellare la persona, l’oggetto o la situazione che stiamo vivendo.

Perciò anche il modo di parlare ha la sua importanza in questo processo di etichettatura, e ne è prova il fatto che una persona che parla bene – non soltanto correttamente – risulterà sicuramente più affascinante ed interessante di chi si esprime in modo “selvatico”.

Anche se, poi, i contenuti possono essere superficiali o addirittura inesistenti.

CONSIGLI IMPORTANTI

È assurdo pretèndere di imparare tutto e subito poiché disponiamo di una certa capacità di assimilazione oltre la quale è impossibile andare: sarèbbe solo uno spreco di tèmpo e di energìe.

Cominciamo a considerare obiettivi minimi facilmente conseguibili. Per esèmpio, impegnamoci a pronunciare correttamente la parola bène.

In un primo momento avrémo l’impressione di parlare in un modo che ci sembrerà strano, e soltanto l’abitudine ci permetterà di sentirci a nostro agio con questi nuovi suoni.

Memorizzando una parola o una regola al giorno potremo organizzare un lavoro utile e giovevole. In fondo, non sono poi molte le parole che sbagliamo!

Facciamo una pausa, lasciamo da parte per un po’ le regole dell’ortoepìa e cominciamo a gustare la musica della parola.

Per ottenere questa musica dovremo riuscire a regolare la nostra vóce, a distribuire l’emissione di fiato, a creare le pause in modo adeguato, cioè a dare un senso a quello che leggiamo o diciamo.

LA LETTURA A SENSO

Lo abbiamo già detto, indipendentemente dalla qualità del testo, è importante saper lèggere a sènso, dare cioè un certo peso al contenuto di quello che si lègge, rendendolo interessante.

Cominceremo con testi apparenteménte insignificanti ché, a prima vista, non suggeriscono niente alla nostra capacità di interpretazione.

Questo per ricordare che non è importante la qualità del testo, e spesso rappresènta soltanto una sorta di alibi per commentare: «il testo non mi piace…»

Registra la tua lettura e poi ascoltala con molta attenzione. Inspira profondamente prima di cominciare, gestisci il fiato con opportune pause (puoi farne quante vuoi, a tua scélta), tièni il ritmo più adatto alla capacità dei tuoi polmoni.

A questo punto sei pronto… Pronto a ripetere anche più di una volta!

Il primo testo è una lista di numeri, niènte di più neutro e asettico.

18, 41, 7, 54, 908, 107, 12347, 21, 3, 3, 89, 111, 356, 777, 841, 21, 22, 23, 47, 10111, 71,18, 17, 16, 1, 5, 28, 75, 468, 852, 38, 37, 0.

Certamente la tua prima lettura, riascoltata, assomiglierà molto all’elènco dei numeri relativi alle estrazioni del lotto, infatti ti sei limitato a leggere numeri, a dare i numeri…

Hai la possibilità di lèggere questa lista apparentemente asettica nel modo che preferisci: come se si trattasse di una fiaba o di un racconto d’amore o di una vicènda triste.

Puoi unire i numeri tra loro, leggerli velocemente o lentamente, scandirli, fare pause, abbassare o alzare il volume della vóce.

Il secondo potrèbbe essere benissimo la lista delle parole che normalmente pronunciamo sbagliate in relazione alla è aperta.

Naturalmente con un elènco o una lista di nómi non abbiamo le stesse opportunità che ci offrono i numeri, non possiamo leggere le parole immaginando una storia…

Qui dobbiamo giocare sul ritmo.

Unire le parole a due, a tré, a quattro alternandole alle singole, variando la tonalità della voce ed evitare assolutamente la ripetizione di una tonalità o di una intonazione.

Il terzo è una lista di parole che non hanno alcun collegaménto logico tra loro e che sono di lunghezza diversa. È stata omessa la punteggiatura.

Rododendro glassare peperata palìndromo fitto raro morire decisivo effettivo piedrìto cotone bignè rarefatto quasi veramente più inattivo raramente astratto mammola cliccare basic rubare antinomia seno massa traffico indeciso semmai papà pepe papa pipa pièno suggestivo mira rima andrèbbero poi chissà sebbène tè usuraio orma rubicondo adesivo frattura spesa affrancatura male rugiadoso cremino bar ornamentale ciabatta orologio pennellatura suola asola fogliame ponticello pennello casa cosa caso coso sotto però personaggio alberguccio convènto castello lago logo gola gala lega gelo gol cornicetta matitina onomastico evviva ecco acca oca definitivamente così.

In questo caso si tratta di togliere il significato alla singola parola, e cercare di gestirla soltanto come un suono avèndo bèn chiara in mente la “storia” un po’ come hai già fatto con i numeri.

Cerca, per quanto puoi, di fare dell’allenamento registrandoti e riascoltandoti.