LE TRE FIAMMELLE

L’uomo avanzava cautamente sul sentiero, fissando stupito il baluginare tremulo che proveniva dalla finestra della casa diroccata. L’erba, coperta da un sottile strato di ghiaccio, scricchiolava sotto le suole consumate delle sue scarpe.

   Alcune raffiche di vento gelido penetrarono la nebbia, portando con sé un suono di campane. Nella chiesa del paese stava per cominciare la messa di Natale.
   Il lampo di luce si spense.
   L’uomo si fermò. Il fiume era a pochi passi, e in tutto quel buio sarebbe bastato mettere un piede in fallo per scivolarci dentro. Rabbrividendo per il freddo, strinse più forte il collo della bottiglia che teneva in mano. Sorrise: il vino era di quello buono e gli avrebbe fatto compagnia per tutta la notte. Con l’altra mano si toccò la tasca del vecchio cappotto: era talmente gonfia che l’involto con la pagnotta e il pezzo di formaggio sporgeva per metà. Lo ricacciò bene in fondo e riprese a camminare.
   La luce comparve nuovamente.
  Guidato dal chiarore, si affrettò verso la casa. Sugli scalini, quasi del tutto invasi dall’erba, si spandeva un tappeto di luce. L’uomo si nascose dietro la porta scardinata e allungò lo sguardo all’interno.
   Disposti su una panca sbilenca, due moccoli ardevano luminosi: accanto, un’altra candela intatta aspettava il fuoco. Imbacuccato in un giaccone che appariva molto più grande di lui, un vecchio era seduto e tentava di accenderla: la afferrava e ci avvicinava il fiammifero, ma quando la fiamma arrivava a sfiorare lo stoppino il tremore violento delle sue mani lo aveva già spento. La donna, accoccolata al suo fianco, si mise a ridere: era una risata flebile e benevola. Gli tolse di mano i fiammiferi e accese il cero. Il nuovo bagliore disegnò ombre che fluttuavano sul muro.
   L’uomo dietro la porta esitò. Cosa ci facevano lì quei due? Perché erano finiti proprio nel suo rifugio? E adesso cosa doveva fare con loro?
   Spinse l’uscio e i cardini arrugginiti cigolarono.
   Il vecchio e la donna sollevarono la testa.
   L’uomo entrò, abbozzò qualche passo, e poté vedere meglio i due che avevano “occupato” la sua casa. La donna avrebbe potuto avere anche ottant’anni, ma il dolce sorriso e la luce che emanavano i suoi occhi di un azzurro intenso la facevano sembrare ancora una ragazzina. L’uomo era convinto di non conoscerla, tuttavia quello sguardo gli ricordava qualcuno.
   Il vecchio, invece, sembrava più introverso, restio a lasciarsi andare, ma anche i suoi occhi esprimevano una luce profonda, rara e allo stesso tempo piena di saggezza.
   Il padrone di casa restò qualche attimo disorientato, notando che nessuno dei due accennava a muoversi. Erano rimasti lì, con il viso sollevato a guardare lui che era entrato, seduti sulla panca accanto alle candele accese che emanavano un bagliore tenue e rassicurante. Non avevano accennato neanche a muoversi, come se quello fosse il loro posto e la terza candela, appena accesa, invitasse qualcun altro a sedere accanto a loro.
   L’uomo che una volta tutti chiamavano Michele, ma che negli ultimi tempi aveva persino dimenticato il proprio nome, rimase imbambolato ancora per qualche secondo a quella vista. Non si sarebbe mai aspettato di trovare qualcuno in casa sua. Da tanto, nessuno lo frequentava  più. La gente, in seguito al suo comportamento, lo aveva dimenticato in fretta. O, forse, sarebbe meglio dire che era stato lui a decidere di allontanarsi dagli abitanti del suo paese e di fare a meno di loro. Michele non ricordava neppure quando era stata l’ultima volta che aveva condiviso qualcosa come un pasto caldo con un altro essere umano. Di certo, dal giorno in cui aveva lasciato la moglie ed era andato a vivere in quella baracca abbandonata lungo il fiume. Ma non ricordava davvero quanto tempo era passato. Non voleva ricordare. Era lì per dimenticare. Cominciò a sentire il cervello annebbiato, credette fosse a causa del freddo o del liquido rosso che aveva mandato giù in gola sulla strada del ritorno a casa, o forse era stata la caduta. Era scivolato sul ghiaccio e aveva battuto la testa al suolo. In effetti, gli faceva ancora male.  Ma poi si era rialzato… In verità non lo rammentava. Comunque quella che aveva davanti agli occhi non era una visione prodotta dalla sua mente: i due estranei, quel vecchio e quella donna i cui occhi sembravano avere visto altri mondi, se ne stavano serenamente seduti a casa sua come se fossero stati invitati e lo stessero tranquillamente aspettando.
   «Chi siete?», chiese subito dopo che i suoi pensieri confusi si furono calmati. «Non ricordo di avere spedito degli inviti per questa sera!» Sorrise, ma il sorriso si trasformò subito in un ghigno sordo.
   «Siamo qui per passare la vigilia di Natale in compagnia», rispose la donna senza scomporsi.
«Ma io non ho bisogno di compagnia, voglio stare da solo!» Michele ancora in piedi era vicino al piccolo tavolo di legno adagiato su una parete della stanza. Aveva poggiato il vino, ma non osava palesare la pagnotta e il formaggio che gonfiavano la tasca del cappotto. Il suo unico pensiero, in quel momento, era di liberarsi in fretta di quei due scocciatori e trascorrere una notte mangiando quello che era riuscito a racimolare (non tanto facilmente) e bevendo quel nettare rosso che gli avrebbe fatto dimenticare che lui era ancora vivo mentre sua figlia, invece, era chissà dove.
   «Non mi sembra che in questi anni stare da solo ti abbia giovato molto.» La donna non era per niente intimorita dal tono burbero e dallo sguardo arcigno del padrone di casa. «Guardati!  Hai solo cinquant’anni, ma ne dimostri settanta. Vivi di stenti, quando potresti avere quello che avevi una volta, e cioè un lavoro che ti rendeva fiero, una bella casa e soprattutto una famiglia.»
   Michele cominciò a squadrare bene quella vecchia signora per capire se un giorno l’aveva conosciuta e poi aveva dimenticato chi era. Ma fu certo di non averla mai incontrata, nonostante i suoi occhi sembrassero comunicargli qualcosa: gli parevano alquanto familiari. Ma che cosa? Cosa voleva quella donna?... E chi era l’uomo che la accompagnava?
«Ma chi sei? E cosa vuoi da me? Che cosa volete da me? Come fai a sapere tante cose della mia vita?»
   La donna guardò il vecchio che fece un cenno di assenso con la testa. E poi tornò a osservare Michele che era molto irritato e stringeva i pugni per controllarsi.
   «Siano qui per aiutarti… a ricordare… Devi ricordare qualcosa o qualcuno che ti rendeva felice.»
   Nell’udire quelle parole, il padrone di casa avvertì un moto di rabbia salirgli al cervello. Quel discorso non aveva alcun senso. Cosa doveva ricordare? Chi doveva ricordare? E mentre si poneva quella domanda un nome emerse nella sua mente: Viola. Anzi, sentì chiaramente una voce nella sua testa pronunciare quel nome. Non lo aveva più sentito da quando sua figlia, la sua unica figlia, era scomparsa in quel centro commerciale. Era il pomeriggio della vigilia di Natale e anche il giorno del quarto compleanno della piccola. Suo padre e sua madre l’avevano portata a fare un giro in città dove Babbo Natale avrebbe raccolto i suoi desideri. E infatti era stato proprio quando la bambina  aveva visto il vecchietto vestito di rosso con la barba bianca che aveva lasciato la mano del papà, scappando via. Era bastato un attino. Un commesso era passato con un alto carrello ingombro di articoli natalizi e la visuale di Michele era stata annullata.
   Avevano cercato. Gli uomini addetti alla vigilanza avevano immediatamente bloccato tutte le uscite, ma era già troppo tardi. Non erano riusciti a trovarla. Viola sembrava svanita nel nulla. Michele aveva messo in moto tutte le sue conoscenze. Aveva persino ingaggiato un investigatore privato.  
   Tutti questi pensieri giravano vorticosamente nella testa di Michele che cominciò ad avvertire il desiderio impellente di bere. Erano quasi due ore che non toccava un goccio. Tolse il tappo dalla bottiglia, ingollò un sorso di vino, e si pulì la bocca con la manica consunta del cappotto, rimanendo in silenzio e maledicendo quella donna che le aveva fatto ricordare proprio ciò che aveva disperatamente cercato di dimenticare per cinque lunghissimi anni, affogando i pensieri nell’alcol.
   «E lui e Angelo. In effetti è il mio “angelo custode”. È qui con me perché non vorrei rischiare di perdermi di nuovo e di dimenticare chi sono.»
   «Ma che cosa sta dicendo? E chi è lei?» Michele ne aveva abbastanza. Era contrariato e confuso allo stesso tempo.
   «Scoprirai da solo chi sono, quando avrai aperto il tuo cuore, e sarai tornato ad amare. Ormai è già troppo tempo che ti crogioli nel dolore. Hai già fatto questa esperienza. Adesso devi ritornare alla tua essenza, vale a dire all’amore… Ma non preoccuparti, avrai un’intera notte per farlo. Anche se il tempo non ha poi molta importanza. Io l’ho imparato quando sono rinata. Il passato e il futuro non hanno alcuna importanza. Il passato è andato e il futuro deve ancora arrivare… e può sempre cambiare. Esiste solo Adesso. E quindi concentriamoci su quello che succede ora… Che ne dite di preparare una bella cenetta di Natale?» La donna sorrise e si alzò dalla panca dove era rimasta fino allora seduta.
   Michele continuava a rimanere in piedi con la sua imponenza, i capelli e la barba incolti e la faccia stralunata di chi è approdato in una terra straniera, e cominciava a pensare che quella vecchia doveva avere più di qualche rotella fuori posto. Avrebbe dovuto cacciarli, quei due. In fondo non era stato lui a invitarli e, di certo, la sua pagnotta e il suo formaggio non sarebbero bastati a sfamare tutti e tre.
   «Vorrei che ve ne andaste. Non sono in vena di festeggiamenti, io! Non festeggio più da molti anni.»
   «Lo so,» rispose la donna, «la tua mente e il tuo corpo hanno dimenticato come fare a essere felici e tu hai dimenticato chi sei. Ma la tua anima, no. È lì che devi attingere. Guarda dentro di te. Ascolta la tua anima.»
   «Ma io non voglio essere felice. Non mi importa più essere felice. Voglio solo essere lasciato in pace!» Gli occhi di Michele si annebbiarono e lui strinse ancora una volta i pugni, e si voltò, dando le spalle ai due visitatori.
   «Capisco… Ed è per questo che noi siamo qua: per aiutarti a ricordare chi sei… E adesso apparecchiamo.»
   Michele non sapeva cosa pensare. Quella serata non aveva senso. Quelle persone non avevano senso. Quelle parole non avevano senso. Probabilmente mentre tornava a casa aveva bevuto troppo. Non ricordava. Comunque non più delle altre volte: la bottiglia era quasi piena. Mentre questi pensieri attraversavano la sua mente, avvertì uno scoppiettio di ceppi e contemporaneamente un calore improvviso. Si girò. Il caminetto era acceso e il tavolo era coperto da una bella tovaglia rossa. Michele si chiese da dove fosse saltata fuori, ma rinunciò subito a darsi una risposta. In quell’istante decise di lasciare andare le cose così come dovevano andare, senza opporre resistenza. Si tolse il cappotto e lo appese alla spalliera dell’unica sedia. La donna e Angelo erano già seduti sulla panca. Entrambi avevano sistemato le proprie candele davanti a loro. I ceri erano bianchi, luminosi e le fiammelle tendevano ad allungarsi verso l’alto. La candela destinata a Michele, quella che il vecchio aveva tentato di accendere più volte, si stava consumando e faceva molta fatica a rimanere viva, come se fosse costantemente percossa da un vento impetuoso. Le candele dei due ospiti erano rimaste le stesse di quando Michele le aveva viste per la prima volta spiando dalla finestra: non si erano rimpicciolite di un millimetro. Michele, spiazzato, prese posto davanti al suo cero, e tirò fuori dalla tasca i suoi viveri.
La donna sorrise e tese una mano ad Angelo e l’altra al padrone di casa: «Adesso ringraziamo il Signore per averci dato un tetto sopra la testa, il fuoco per scaldarci e quest’ottima cena di Natale.»
Angelo chiuse gli occhi un istante e ringraziò. E Michele non poté fare a meno di sorridere perché una pagnotta e un pezzo di formaggio non potevano, certo, essere considerati un’ottima cena. Ma nel momento in cui pensava questo e il sorriso ironico era ancora visibile sulle sue labbra, vide materializzarsi sul tavolo una bella minestra calda, una teglia di carne appena cotta che emanava un profumino speziato e invitante, del pane che pareva appena sfornato e della frutta di stagione.
   Ancora una volta Michele era sbalordito. «Da dove saltano fuori tutte queste cose?»
   «Tu hai condiviso con noi quello che avevi e noi abbiamo fatto lo stesso con te.» Questa volta era stato il vecchio a rompere il silenzio.
   «Ma come avete fatto?» Michele non riusciva a capacitarsi di quell’abbondanza comparsa dal nulla.
   «Le nostre preghiere sono state esaudite. Tutte le preghiere vengono esaudite, se sono preghiere di ringraziamento per qualcosa che sai già di avere.»
   Michele non capiva e continuava a guardare ora la donna ora Angelo. E mentre li guardava si rese conto che i loro visi erano un po’ cambiati. Non nella forma, quella era la stessa, ma le rughe si erano attenuate e, ora che ci faceva caso, la mano di Angelo non tremava più. Era come se quei due vecchi stessero… ringiovanendo.
   I tre mangiarono in silenzio, rendendo onore al cibo che era squisito e abbondante. Michele, quasi senza rendersene conto, ringraziò dentro di sé quella “fortunata” provvidenza. Ormai si sentiva rapito dal calore di quell’atmosfera e cominciava ad avere timore di svegliarsi e di ritrovarsi nuovamente solo.
   «Non avere paura… Niente succede per caso.» La donna aveva il potere di leggergli nel pensiero. «Non sei stanco di fare questa vita? Non sei stanco di essere solo?... Potresti scegliere diversamente. Potresti tornare a essere quello di un tempo, anche migliore, se lo volessi. Ricordo che eri orgoglioso del tuo lavoro. Molti in paese ricorrevano alla tua arte. E tutti erano contenti di arredare la propria casa con dei pezzi unici.»
   Michele tornò con la mente a un passato non molto lontano, quando era un falegname molto conosciuto e stimato in paese e anche fuori. Era molto bravo. E in tutto quello che realizzava: un armadio, un tavolo o una semplice cornice, ci metteva la passione che gli ardeva dentro. Aveva scelto quel lavoro perché era ciò che aveva sempre voluto fare e perché lo rendeva felice. Ricordò quando aveva costruito ogni particolare della stanza di Viola. Lui e sua moglie Elena avevano scelto insieme ogni forma e colore. Poi la bambina era nata e Michele non avrebbe potuto desiderare di più. Ma un giorno Viola era scomparsa, e il mondo di Michele si era dissolto come un castello di sabbia investito dall’acqua. Aveva lasciato Elena al suo dolore e si era messo a cercare lui stesso la bambina, dopo che anche l’investigatore privato aveva fallito. Poi, una notte, si era ubriacato, non era più tornato a casa e si era sistemato lì, in quella baracca diroccata in prossimità del fiume. Da allora la sua vita non era più stata la stessa. Si era chiuso in un muto dolore, maledicendo Dio e gli uomini. Elena all’inizio era andata a trovarlo per cercare di riportarlo in sé, ma il marito l’aveva sempre mandata via con la convinzione che nulla avrebbe potuto essere più come prima. Erano quasi cinque anni che non vedeva Elena. Che cosa stava facendo, adesso? Si era rifatta una vita con qualcun altro? Questo pensiero gli suscitò un moto di gelosia. E per un attimo gli sembrò di essere tornato a vivere.
   Alzò il viso a guardare la donna e incontrò nuovamente i suoi occhi. Quegli occhi ancora una volta gli ricordarono, qualcosa, qualcuno. Non si meravigliò che il volto di lei fosse ringiovanito ancora. Ormai nulla in quella notte lo sorprendeva più. Tuttavia lui stesso si sorprendeva di non sorprendersi. Gli sembrava che passato, presente e futuro si fossero dati un segreto appuntamento. Spostò lo sguardo sul vecchio, che ormai non era più un vecchio, come a chiedere spiegazioni. Ma questi rimase in silenzio, e d'altronde, Michele stesso in quell’attimo seppe che l’unica spiegazione avrebbe potuto trovarla solo in fondo al suo cuore.
   «D’accordo, Che cosa succede, adesso?», domandò Michele, perché voleva conoscere il senso di quella serata.
   «Tu che cosa vuoi che succeda? Desideri ancora che ce ne andiamo… o ti piacerebbe sapere chi siamo?» La signora continuò a guardarlo negli occhi. Era diventata una donna di circa trent’anni.
   «Cambierebbe qualcosa?» Michele era impressionato da quello sguardo. Gli ricordava… Elena!
   «Tutto può cambiare. Basta che tu lo voglia. Fai la tua scelta.»
   «In che senso? Che cosa devo scegliere?»
   «Questo lo puoi sapere solo tu. Fa’ la tua scelta, e abbi fede.»
   Michele chiuse gli occhi. Le parole di quella donna gli erano scese nel profondo dell’anima, risvegliandolo. Solo fino a qualche ora prima avrebbe pensato che quello sarebbe stato un altro Natale passato in solitudine e senza speranza. In quel momento, invece, sentì che dentro di lui era tornata a brillare una fiammella. Era la luce dell’anima. Con gli occhi della mente fissò la fiamma della terza candela che ormai si ergeva sicura verso l’alto. Sentì che poteva scegliere di tornare a vivere. Non sapeva ancora come. Ma pensava che avrebbe imparato strada facendo. Allora continuò a tenere gli occhi chiusi e si lasciò raggiungere e pervadere dalla felicità. La felicità di riavere la moglie accanto e la figlia che lo abbracciava. Rivide il viso gentile di Elena e quello sorridente di Viola mentre scorgeva Babbo Natale al centro commerciale. Michele era pieno di gioia, si sentiva immensamente felice, di una felicità che abbracciava la mente, il corpo, e l’anima. Aprì gli occhi colmi di lacrime e… la vide. Non era la vecchia, né la donna che gli era seduta accanto, ma una bambina: la sua bambina. Fu un attimo, ché poi gli occhi gli si annebbiarono e subito li richiuse per liberarsi delle lacrime a lungo trattenute. E quando tornò a vedere, non era più nella sua baracca, ma era in piedi nel centro commerciale. Faceva ancora fatica a comprendere le parole della moglie allarmata che gli stava dicendo che non riusciva a trovare Viola. E lui, in un attimo, ricordò con la mente e sentì sulla sua pelle gli anni bui che aveva trascorso nella capanna.
   «No, non può essere!», gridò, «Non di nuovo.» E cominciò a correre per il centro. Percorse tutti i corridoi, nella speranza che la bambina si fosse fermata a contemplare qualche nuovo giocattolo. Infine, stremato, alzando lo sguardo, in lontananza vide la sua piccola. Era in compagnia di un uomo, e sorrideva. Michele ricominciò a correre temendo che quell’uomo… Ma quando arrivò abbastanza vicino, lo riconobbe: era Angelo.
   «Si era persa», dichiarò.
   Nel frattempo era arrivata anche Elena, trafelata e spaventata. «Per fortuna l’hai trovata! Ma dove era finita? E chi è quest’uomo, è un tuo amico? »
   «Ma mamma, non lo riconosci?... È un angelo!» La bambina si rivolse alla madre e poi si voltò nuovamente verso il papà. «Sai, mi sembra di essere già stata qui, solo che non ricordo bene cosa succedeva… Era… buio.
   «E cosa doveva succedere…», le rispose Michele premuroso, «che tu andavi a parlare con Babbo Natale!»
   «Hai ragione! Devo dirgli che non voglio più perdermi, e che desidero una montagna di regali…» Volse gli occhi alla mamma che la fissò con lo sguardo un po’ severo. E poi continuò: «Be’! Magari solo un paio. Il regalo più bello è quello di avervi ritrovati.»
   «È tutto vero?», domandò Michele ad Angelo mentre Viola abbracciava Elena e poi correva da Babbo Natale.
   «È tutto vero», confermò Angelo. «Il tempo non esiste: passato presente e futuro sono adesso.»
   «Perché non inviti il tuo amico a cena? A Viola è simpatico. Sono sicura che le farà piacere», disse Elena a Michele mentre continuava a tenere d’occhio la figlia che chiacchierava con Babbo Natale.
   Michele, con le lacrime agli occhi, per la prima volta dopo cinque anni tornò a guardare la moglie. Aveva finito quasi per scordare il suo viso, la sua gentilezza e l’amore che nutriva per lei. «Perché no! Questo è un giorno da festeggiare», disse infine, guardando Angelo che annuiva sorridente.

 

Racconti di un'Anima

Racconti di un'Anima
 


La aspettava da lungo tempo, ormai... ma forse non sarebbe più tornata. Che diritto aveva lei di invocarla ancora, adesso?...



Non riesco più a sentire le braccia, le mani… e le mie gambe sembrano diventate di piombo. Sono consapevole di essere distesa a terra, eppure ho una grave confusione in testa…



Nel cuore di una confortevole camera d’albergo, in una città che le è totalmente sconosciuta, Anna lascia vagare lentamente gli occhi distratti su ogni singolo elemento arredante, pur senza vederlo…



L’uomo avanzava cautamente sul sentiero, fissando stupito il baluginare tremulo che proveniva dalla finestra della casa diroccata…